san-marzano-sul-sarno.jpg

 

Il territorio dell’agro nocerino-sarnese parte dalla piana alluvionale del fiume Sarno per risalire in coincidenza delle propaggini dei Monti Lattari condivisi tra la provincia di Napoli e Salerno, estendendosi per oltre 16.000 ettari: una vasta area che, grazie alle favorevoli condizioni climatiche, alla natura alluvionale dei terreni associata a appropriate opere di bonifica e di canalizzazione delle acque, ha una spiccata vocazione ortofrutticola e costituisce, allo stesso tempo, un distretto ad elevata specializzazione per l’industria conserviera, in una felice integrazione tra produzione primaria e successiva trasformazione.

Un distretto ad elevata specializzazione per l’industria conserviera, in una felice integrazione tra produzione primaria e successiva trasformazione

Un’attività che, per quanto comporti non poche minacce su un ambiente che andrebbe meglio salvaguardato, si caratterizza per l’eccellenza di alcuni prodotti, dal cipollotto nocerino alla frutta secca, con particolare riferimento alla nocciola mortarella e alle noci malizia. Il prodotto più rappresentativo, fino a costituire un emblema per l’intero territorio, è sicuramente il pomodoro San Marzano, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo per le sue caratteristiche, dovute a una serie di fattori concomitanti quali il clima mediterraneo e il suolo estremamente fertile e di ottima struttura nonché l'abilità e l'esperienza acquisita dagli agricoltori dell'area di produzione nel corso dei decenni.

madonna dei bagni

A riprova della stretta connessione esistente tra la tipicità di produzioni agro-alimentare e la rilevanza di alcune forme dell’espressività popolare, il paese dal quale il pomodoro prende il nome, San Marzano sul Sarno, è stato oggetto anche di ricerche nell’ambito etnomusicali fin dagli anni ’70, con numerose campagne di rilevazione tra le quali quelle effettuate da Enzo Bassano, allievo di Annabella Rossi, nel 1974 e, l’anno dopo, dal Teatrogruppo, con una raccolta esemplare riguardo alle forme e ai repertori dell’area

I repertori presenti nella cittadina sarnese riguardano per la maggior parte canti sul tamburo nel tipico stile areale dell’agro nocerino, spesso a voci alterne, con quel particolare modo di procedere per “ripetizione-cumulazione” e con uno stilema ricorrente, quello di omettere la  prima sillaba nell’attacco sull’endecasillabo iniziale per cui “Miezo mare è nata ‘na scarola” diventa “… mare è nata ‘na scarola”. Proprio quest’ultimo tema testuale, ricollegabile alla famosa canzone napoletana Michelemmà, è tra i più diffusi nel canto sul tamburo dell’area.

Ascolta il brano Non me cchiammate chiù donna Isabella, esecuzione di un canto con accompagnamento del tamburo, la cui prima quartina rimanda a versi diffusi in tutto il meridione come Lamento di Donna Isabella

Nella cittadina di San Marzano si rivelano però anche altri tipi di repertori come canti con l’accompagnamento dello scacciapensieri (o “tromba degli zingari”), canti di lavoro di tipo enumerativo (tipo ‘A settimana) oppure canti di questua (o di ’nferta) per il periodo di Natale e Capodanno, eseguiti a più voci e con l’accompagnamento del tamburo, conosciuti anche come “Canzone di Capodanno”.

Ascolta il brano E quanno è u lunnerine , canto enumerativo registrato dal TeatroGruppo tra i braccianti di San Marzano, costituito da una serie di quartine, per lo più versi settenari, ciascuna per ogni voce della settimana, eseguite da una voce solista alla quale segue la risposta del coro che intona e ripete gli ultimi due versi

Di grande interesse risultano le rilevazioni di lamentazioni funebri per Carnevale eseguite da più voci (maschili e femminili) che si alternano. L’esecuzione è così strutturata: ciascuna voce solista esegue a distesa la propria lamentazione alla quale poi il coro risponde con l’espressione stereotipa “Oje Carnevalone mio” (con la ‘o’ che diventa ‘a’ nella cadenza finale) che sembra richiamare un modello diffuso nelle vere lamentazioni per i defunti, dove è spesso citato il nome del defunto seguito dall’aggettivo possessivo “mio” che indica il legame affettivo (ad esempio “Ah Pascale mio” oppure semplicemente “Ah, cumpagne mio!” oppure! “Ah, frate mio!”).

Ascolta il brano E Carnevale vuleva vuleva

In alcuni casi invece di “Oje Carnevalone mio” l’espressione stereotipa utilizzata dal coro diventa “Ih gioia”, che è quella utilizzata prevalentemente nelle lamentazioni eseguite nell’area napoletana, oppure in quelle documentate nella zona del basso casertano dove lo stereotipo utilizzato è appunto “Ih gioia so’”(si vedano a tal proposito le raccolte di Marialba Russo a Maddaloni e Marcianise 1972).

A pochi chilometri di distanza da San Marzano, si trova Scafati, che occupa un posto di primo piano nel panorama della musica tradizionale campana, oggetto non a caso, fin dagli anni Settanta di numerose ricerche sul campo condotte, tra gli altri, da Roberto De Simone, Annabella Rossi, Paolo Apolito, Patrizia Ciambelli e Marialba Russo, le cui registrazioni -conservate presso archivi pubblici come quello del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari e del Centro di dialettologia e antropologia di Bellinzona- nella maggior parte dei casi ancora inedite sono ora consultabili presso l’Archivio Sonoro della Campania.

Madonna delle Galline 2003 044

L’importanza di Scafati è legata soprattutto alla celebrazione della festa della Madonna dei Bagni che si tiene nel periodo dell’Ascensione (40 giorni dopo Pasqua) in due momenti centrali: il mercoledì prima dell’Ascensione con la processione dei fedeli al cosiddetto fuosso ‘e Vagne, a 500 metri dall’attuale Santuario, presso la fonte miracolosa dove si raccoglie l’acqua nelle mummarelle, tipiche anfore di creta; e poi la Domenica dell’Ascensione, con la sfilata dei carrettone ‘e Vagne, ovvero carretti trainati da cavalli addobbati con fronde, fiori di carta crespa e carta velina ed effigi della Madonna. Le origini del culto sembrano risalire al XVI secolo e prende avvio da un’antica edicola votiva sulla quale fu costruita prima una cappella e poi la chiesa di Maria SS. Incoronata dopo la miracolosa guarigione di un lebbroso che si era lavato nell’acqua del fuosso ‘e Vagne.

Ascolta il brano ‘A fede (‘A festa ‘e vagne) dal fondo Roberto Leydi

 

Guarda un momento della festa nelle riprese di Raffaele Di Mauro

Anche a Scafati ritroviamo molti dei repertori diffusi in tutta l’area napoletana (fronne, canti a figliola, voci di questua, voci di venditori ecc.) e in particolare uno stile “micro-areale” di canto sul tamburo che si differenzia per diverse caratteristiche da quelli già visti nell’area “giuglianese” e in  quella “vesuviana”.

Ascolta il brano La tammurriata dell’Agro nelle registrazioni di Serafina Amoruso e Maria Grazia Cavuoto

L’esecuzione del canto è spesso in forma “amebea”, a due voci alterne, e il testo è organizzato in una successione di terzine o quartine di endecasillabi basati su distici di base, spesso inframezzati da barzellette o stroppole. In genere, in apertura di ciascuna terzina o quartina si riprende l’ultimo endecasillabo di quella precedente (omettendo il più delle volte la prima sillaba) che talvolta viene ripetuto (spesso con sillabe aggiunte), prima di introdurre un nuovo endecasillabo seguito da un altro oppure da una coppia di ottonari o settenari costituenti il primo emistichio dell’endecasillabo della cadenza finale. Quest’ultima, spesso cantata a due voci, arriva, sempre su un endecasillabo, alla conclusione dell’elaborazione cantata di almeno 3 distici (talvolta anche 6-7 distici), a differenza, ad esempio, dallo stile vesuviano o giuglianese nel quale la cadenza (con relativa vutata o rotella) cade sempre alla fine di ogni distico cantato.

Ascolta le musiche per la danza per La Madonna di Bagni

Nell’area dell’agro nocerino-sarnese un altro luogo emblematico dal punto di vista musicale è sicuramente Pagani di cui nell’Archivio Sonoro sono conservate le ricerche effettuate a partire dagli anni ’50 da Alan Lomax (conservate nella raccolta 24T degli Archivi di Etnomusicologia di Santa Cecilia) e successivamente da Roberto De Simone, Annabella Rossi, Patrizia Ciambelli e altri ricercatori. Tra queste ricognizioni sul terreno si segnalano quelle realizzate dal grande drammaturgo napoletano Annibale Ruccello, che dedicò alla cittadina salernitana grande attenzione (parallelamente alle sue ricerche sulla Cantata dei pastori) lasciando anche delle pagine molto interessanti (si veda il breve saggio su Pagani contenuto in Scritti Inediti).

PAGANI FESTA DELLE GALLINE

L’importanza di Pagani è essenzialmente legata alla festa della Madonna delle Galline che si tiene la Domenica in Albis. La leggenda narra che una vecchia effigie di Maria SS. del Carmine, sotterrata per sottrarla alle scorribande saracene e poi ritrovata grazie al raspare delle galline e conservata, infine, nell’oratorio dell’Annunziatella detto anche “spogliaturo”. I primi miracoli risalgono al 1600 a seguito dei quali fu costruita la Chiesa accanto al vecchio oratorio. Il momento centrale della festa è la domenica in Albis quando viene portata in processione la statua della Madonna sul cui piedistallo sono posizionati galline e colombi. Nel pomeriggio, mentre la processione continua, suonatori e cantatori si riuniscono nella villa comunale dove si esibiscono in canti e danze sfrenate e si fermano solo quando passa la processione con la statua della Madonna alla quale rivolgono canti a figliola. 

Ascolta i canti paganesi per la madonna delle Galline dalle registrazioni di Roberto De Simone

Si narra che fin dal VII sec.  i paganesi abbiano come usanza quella di offrire galline e altri volatili come “tributo” alla Madonna; durante il tragitto della processione ci si ferma presso i cortili che ospitano i ‘toselli' adornati dai devoti. I ‘toselli' sono costruzioni di carattere votivo, talora semplici altari, altre volte vere e proprie istallazioni scenografiche, decorati con drappi, fiori, ceri, doni, ex-voto: restano esposti per sei giorni consecutivi così che tutti li possano ammirare. La forma di canto sul tamburo riscontrabile a Pagani è assai simile a quella già descritta per Scafati, delineando quindi uno stile areale di canto sul tamburo specifico dell’agro nocerino-sarnese.

Usiamo i cookie per far funzionare al meglio il sito, rispettiamo la privacy, le leggi e le buone maniere. Accettali se vuoi proseguire.